L’arte di apparecchiare la tavola: storia dei riti e delle usanze conviviali dall’antica Grecia ai nostri giorni

sec XVI CucchiaiConchiglia argento  Modena, Galleria Estense
Sec. XVI – Cucchiai in madreperla e argento – Modena, Galleria Estense

Ne abbiamo fatta di strada da quando mangiavamo carne di mammut strappata dalla carcassa a mani nude a ora che… mangiamo finger food stretto tra pollice e indice.

In mezzo, abbiamo inventato i coltelli, i cucchiai, le forchette, dando loro forme specifiche a seconda del loro uso: coltello da burro, cucchiaio per brodo di tartaruga, forchetta per sottaceti, l’inutile spork, il cucchiaio-forchetta che i catering insistono a infilarci nelle coppette…

Ordinari pasti quotidiani a parte, è durante le occasioni celebrative e gli eventi di rappresentanza che sono nati i riti e sono state codificate le maniere appropriate da tenere a tavola.

banchetto grecia
Seconda metà del IV sec.a.C. – Scena di banchetto con offerta di frutta e dolci.

I greci facevano sedere il padrone di casa ad un estremo della tavola (fatta a forma di sigma lunare greco, una sorta di falcetto) e l’ospite di maggior riguardo a quello opposto.

Rispetto a quelli laterali (letcus summus e lectus imus), i romani consideravano invece privilegiato il posto centrale (lectus medius). Come è noto, usavano triclini e vassoi al posto di sedie e tavoli, e le mani nude per portare il cibo alla bocca; solo i più ricchi esibivano dei ditali d’argento che servivano a non sporcare e scottare le dita. La forchetta, a due o tre rebbi, era considerata un grandissimo lusso.

Affresco ritraente un banchetto romano
Affresco ritraente un banchetto romano

Con la caduta dell’Impero e le invasioni barbariche, questo oggetto scomparve quasi del tutto in occidente, ma rimase in uso nell’Impero d’Oriente, dal quale fu reimportato dai veneziani nel medioevo; la sua diffusione fu però lenta e sporadica, ostacolata dalla Chiesa che assimilava la forchetta al tridente del Diavolo, bollandola un “oggetto demoniaco”. Non a caso, nel ‘300 a Napoli si preferiva arrotolare la pasta su una sorta di spiedo di legno, e perfino il Re Sole si rassegnò ad usare la forchetta dopo l’insediamento a Versailles, trasformando questa posata, come tanti altri oggetti e abitudini della corte, in un autentico status symbol. È quindi solo dal ‘700 in poi che la forchetta diventa un utensile comune, sdoganato dai pregiudizi della fede cattolica e diffuso nel nostro meridione durante il periodo francese (in Calabria viene ancora detta “broccia”, da broche).

Forchetta di epoca bizantina (con fibbie e spille) © scandale-kr.it
Forchetta di epoca bizantina (con fibbie e spille) © scandale-kr.it

Tornando indietro, in età romanico-gotica si afferma l’uso della tavola rettangolare, che permette di codificare lo status dei commensali a seconda della loro posizione.

L'ultima cena di Leonardo da Vinci (1495-1498, Milano, Museo del Cenacolo)
L’ultima cena di Leonardo da Vinci (1495-1498, Milano, Museo del Cenacolo)

Per secoli il posto d’onore “ballerà” tra quello al centro (tipico dell’iconografia dell’Ultima Cena) e quello a capotavola, che dal ‘600 in poi si attesterà come quello preferibile perché allontana fisicamente, e quindi più efficacemente, l’ospite di riguardo dagli altri invitati.
Un’esigenza di differenziazione già molto chiara durante i banchetti rinascimentali, delle vere e proprie occasioni pubbliche deputate agli incontri, al vedere e farsi vedere: ai cortigiani si confermava l’appartenenza alla medesima categoria sociale e allo stesso tempo gli si ricordava la propria posizione nella gerarchia interna tramite l’assegnazione del proprio posto a tavola, più o meno distante da quello del Principe o dell’ospite di riguardo. A questo scopo, a volte si allestiva una tavola reale, rialzata su un palco o sovrastata da un baldacchino; i cortigiani non potevano avvicinarvisi, e brindavano ai loro ospiti dal basso o addirittura da una saletta attigua, il tinello. Qui il servizio poteva lasciare molto a desiderare, come documentato durante un banchetto offerto a Ferrara nel 1574 in onore di Enrico III di Francia: “le dame saran servite in terra grossa, senza forchetta o coltello, urtate, rubate e strapazzate, in cambio che servite, da furfantaglia”.

banchetto dei re
Il banchetto dei re, Alonso Sancez Coello, 1599

Altri segni di prestigio erano la presenza di una sottocoppa, del servizio coperto (che assicurava l’incorruttibilità dei cibi, anche da possibili veleni) e della “salvietta” (si veda 1639 M. Geiger, Trattato sul modo di piegare ogni sorta di panni lini: cioè salviette e tovaglie e d’apparecchiare una tavola, P. Frambotto, Padova).

La grandezza di una casa si misurava allora con la munificenza dei suoi conviti, la cui minuziosa descrizione veniva commissionata a letterati ed artisti (Leonardo da Vinci progettò banchetti e spettacoli per gli Sforza, creando delle vere e proprie macchine scenografiche). Anche i cibi venivano quindi offerti secondo una gerarchia: al padrone di casa e agli invitati importanti andavano i bocconi più prelibati o carichi di valenze simboliche (lo “scalco”, praticamente l’odierno direttore di sala, porgeva la testa dell’animale sporzionato al principe); i dolci, che consistevano in confetture e sculture e rilievi di zucchero, arrivavano agli invitati minori solo se già “spezzati”: quelli rimasti interi tornavano al credenziere, che li avrebbe serviti in un’altra occasione.

Tra la fine del ‘600 e l’800 salì alla ribalta lo stile di servizio “alla francese”, che vedeva tutte le pietanze poste sulla tavola allo stesso tempo, prima che i commensali vi si avvicinassero. Era il trionfo dei trionfi, per così dire, delle grandi scenografie, delle cuccagne, dei vassoi traboccanti (i piatti caldi su scaldavivande, quelli freddi su maestosi, elaborati zoccoli), e del surtout, che occupava il centro della tavola un oggetto riunendo saliere, scatoline porta-spezie, oliere, zuccheriere. In argento o vermeil, era il protagonista del banchetto, foggiato con figure di divinità, personaggi mitologici, scene di caccia o scene galanti, fontane; e, per chi poteva permetterselo, era firmato da grandi artisti.

Un surtout di epoca Impero © viebahnfinearts.com
Un surtout di epoca Impero © viebahnfinearts.com

Durante il periodo del servizio alla francese i commensali si servivano da soli a seconda dei loro gusti, senza necessariamente rispettare un ordine nelle portate. I pranzi dell’epoca erano indisciplinati e dinamici; un po’ libertini, se si vuole. Le posate però guadagnarono terreno, diventando finalmente personali: come pure i bicchieri, che ancora durante il Rinascimento venivano porti dai coppieri ai commensali su loro richiesta e poi passati agli altri invitati.

Scena di banchetto di Pietro Longhi (1700-1785)
Scena di banchetto di Pietro Longhi (1700-1785)

In periodo napoleonico diventò invece di moda il “servizio alla russa”, il modo di gestire il pasto più vicino a quello che usiamo oggi. Prevedeva che gli ospiti si sedessero ad una tavola quasi spoglia di cibi (presenti solo gli eventuali antipasti freddi), ma riccamente apparecchiata con posate, bicchieri, piatti specificatamente disegnati per il loro uso, e un surtout a questo punto più scenografico che pratico.

Le portate dall’800 in poi hanno un ordine prestabilito e vengono servite dai camerieri; compare il menu, ovvero “la minuta”, la lista dettagliata delle pietanze che permette ai commensali di programmare le quantità desiderate di cibo per ogni singolo piatto.

Dopo un breve periodo di coesistenza e contamina­zione con il servizio alla francese (che Napoleone stesso preferiva: in quanto più sfarzoso, faceva maggiore impressione agli ospiti), il servizio alla russa prende il sopravvento: grazie al nuovo costume le portate arrivano a tavola calde, appena cucinate, per un massimo godimento delle prelibatezze preparate in cucina; gli sprechi si riducono drasticamente; la tavola stessa, che prima era montata e approntata in una sala solo alla bisogna, diventa elemento centrale delle sale da pranzo borghesi, facendo fiorire il mercato degli ebanisti; le esigenze di rappresentanza e di comfort della nuova classe sociale fanno da volano all’industria della porcellana, dei cristalli e dell’argenteria.

Riproduzione di un banchetto vittoriano con servizio alla russa. © Highvictoriana
Riproduzione di un banchetto vittoriano con servizio alla russa. © Highvictoriana

Di tutti i rituali succedutisi nei secoli, oggi sono rimasti in uso questi tipi di servizio:

  • buffet: le pietanze sono poste tutte insieme su una tavola di appoggio, a disposizione dei commensali che si servono da soli.
  • al guéridon o al carrello: i cibi sono su di un carrello di servizio posto vicino al tavolo, vengono serviti dal cameriere al lato destro del commensale.
  • all’inglese: i cibi sono posti su piatti di portata e serviti dal cameriere da sinistra.
  • all’italiana o al piatto: i piatti vengono preparati in cucina e il cameriere li porta porgendoli sul lato destro.
  • alla francese: il commensale si serve da solo dai piatti di portata appoggiati sul tavolo o porti dal cameriere da sinistra.

Per quanto riguarda l’apparecchiatura, la convenzione e la facilità d’uso prevedono questo schema:

Come si apparecchia la tavola
Come si apparecchia la tavola

 

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